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Buonarroti Michelangelo
La Via Michelangelo Buonarroti collega la Via Vittorio Veneto alla Via Trieste. Ha un’origine recente dal punto di vista istituzionale, ma l’area sottocosta fu abitata sin dai tempi più antichi e ciò è documentato dalla scoperta di un’importante necropoli romana rinvenuta negli Anni Venti del secolo scorso nell’area della villa Irge dove un tempo c’era una cava di sabbia e ghiaia.
La prima proposta documentata fu quella di documentare tale via, urbanizzata nel primo dopoguerra, con il nome ‘La Selvaggia’. Nel 1932, il podestà Carnevali propose tale denominazione alla Regia Soprintendenza con la seguete presentazione: “La strada è di costruzione recente, in quanto fu solamente nel 1920 che sorsero alcune case in quella zona. Inoltre, qualche abitante di colà cominciò a battezzarla ‘Selvaggia’ e così venne denominata, ma si tratta di un nome nuovo per il Comune.” La Soprintendenza non condivise tale denominazione, ma il toponimo rimase ugualmente ed oggi indica l’abitazione ‘costruita a sua immagine e somihglianza’ da Carlo Bonomi che sovrasta tale Via (nella foto pubblicata appare la ‘Selvaggia’).
Dicevamo che lì, all’incrocio con Via Trieste, ai piedi del primo terrazzamento del Ticino (area Villa Irge), negli anni 1920-26, durante gli scavi della cava di ghiaia ivi esistente, il capomastro P. Azimonti mise alla luce una necropoli romana. Furono rinvenute una ventina di anfore peduncolate, ma anche un frammento di armilla in bronzo con coppa per contenere erbe aromatiche, una pinzetta depilatoria e una moneta d’Augusto che permise la datazione della necropoli (non unica nel territorio turbighese).
Della necropoli, quello che non andò disperso, fu consegnato dal museo di Legnano e, nel merito, scrisse Guido Sutermeister, in ‘Legnano Romana’: “Molto interessante l’armilla di speciale fattura per contenere erbe odorose. Essa è un esemplare monco, ma sufficiente per essere ben compreso e ci fa palpitare dell’atmosfera di lusso e civetteria nella quale doveva essere usata”.
P.S. - Quando fu pubblicata su ‘Città Oggi’ (10 febbraio 2000) la storia della Via Michelangelo Buonarroti ricevemmo una missiva dall’architetto Angelo Vittorio Mira Bonomi che precisava che “quando nel ’32 il podestà proposte di chiamarla ‘Via alla Selvaggia’, la Soprintendenza non condivise perché non fu sufficientemente motivata la richiesta riferita all’atelier dell’artista Carlo Bonomi, mentre oggi le Soprintendenze hanno il compito di vincolare tali studi”.
In seguito, quello che fu un sentiero (1920), poi strada campestre (1930-32) che si era formata ai piedi dello studio dell’artista (Via M. Buonarroti, oggi raccordata a Via al Torrione con delle scalinate di grande valore paesaggistico), fu superata dalla strada della ‘Merluzzina’ che conduce al cimitero passando accanto al Torrione. Tale strada fu donata da Carlo Bonomi al suo paese e, per tale spontanea offerta il sindaco Paratico donò, alla morte dell’artista, un posto nell’area cimiteriale per la sua sepoltura.
“Dalla breve nota del settimanale – continua A. V. Mira Bonomi - sembrerebbe che la denominazione fosse del podestà, mentre fu l’artista a denominare in tal modo il suo studio, ispirandosi alla frase leonardesca ‘Selvatico è chi si salva…’. Nel 1924 la dedica ‘La Selvaggia, intenda chi può…’ fu scolpita sulla traversa in legno dell’ingresso in salita, al lato sud della costa e i paesani la notarono. Da ciò nacque l’idea di battezzare la nuova strada con le parole dello stimato artista che, nella prima mostra del Novecento (movimento artistico promosso da Margherita Sarfatti, ndr) alla Permanente di Milano (1926), davanti alla scultura in bronzo ‘La Madre’ (successivamente acquistata dal governo tedesco ed esposta a Berlino) presentata dalla Sarfatti, Benito Mussolini disse: “Saluto uno dei più grandi artisti del mio popolo”, frase pronunciata con particolare enfasi, che commosse l’autore, il quale fu abbracciato dal Capo dello Stato”.
Fu il riconoscimento ufficiale del Capo del Governo alla mostra milanese a motivare l’incarico per la progettazione e realizzazione di piazza San Francesco (realizzata in buona parte con fondi privati degli industrali turbighesi) e per l’acquisto del bronzo omonimo (premio ‘Medardo Rosso’ a Milano), mirabile esempio storico-architettonico-artistico (oggi vincolato dalla leggi 1089).
FOTO - Una rara foto degli anni Venti del Novecento dove si vede ‘La Selvaggia’ in primo piano e, in prospettiva, l’area oggi interessata dalla Via Michelangelo Buonarroti
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