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Cascina Gatta

Cascina Gatta


Da Via Libertà all’attuale Cascina (un tratto di strada di Via Libertà, che si raccorda con la via in questione, è stato allargato nel 2013 per dare aggio al passaggio dei Tir che entrano in Dogana, provenendo dalla circonvallazione sud di Robecchetto, a seguito della realizzazione dei due sottopassi ferroviari), la Via fu denominata con delibera 120 del Consiglio Comunale del 28 settembre 1971.

La costa Turbigina, dov’è posizionata la cascina almeno da un migliaio di anni, è sempre stata ricca di vigneti che scendevano fino al Padregnano, area nella quale si estendevano numerosi campi coltivati per la disponibilità di acqua dei fontanili e delle rogge esistenti, ma anche per il lavoro di dissodamento dei monaci fruttuariensi già presenti nel 1094.

La persistenza dei toponimo ‘gatta e ‘gattino’ (gat dall’inglese gate, nelle lingue germaniche gasse, gata, gatan) ci aiuta ad ipotizzare l’esistenza di strade che penetravano nella valle e si dirigevano verso i guadi del Ticino (ma anche a Padregnano che, al tempo, era il centro più importante), dove in seguito furono realizzati porti e ponti. Ancora oggi ci sono tracce di queste strade (un tempo acciottolate) che dall’altopiano asciutto scendevano in valle.

Atti notarili documentano la presenza della Cascina al tempo della Signoria dei Della Torre a Turbigo (1270-1273), al punto da far entrare questo toponimo nel ristretto cerchio dei più antichi del paese. E’ attestata come cascina nel Medioevo, ma anticamente potrebbe essere stata una torre di avvistamento a servizio di quel ‘filo ottico’, di romana memoria, che percorreva la riva sinistra del Ticino.

Il Catasto teresiano ha dimenticato di registrare la cascina nel 1722, mentre compare in quello Lombardo-Veneto del 1850. Ciò detto, un atto notarile del 21 settembre 1824, rogato dal notaio Pietro Maestri di Castano, tratta della vendita della ‘possessione’ detta ‘La Gatta’, fatta dall’avvocato Pietro Luigi Valenti di Pavia ai fratelli Colombo Giovanni e Giuseppe Antonio, figli del fu Carlo di Malvaglio, per la somma di milanesi lire 9.800 (ancora oggi, dopo due secoli, per distinguere tra i tanti che possono vantare tale cognome in paese, si parla del ‘Colombo della Gatta’). Nello ‘Stato delle Anime’ del 1844 risulta che, alla ‘Gatta’, ci abitava la famiglia di Carlo Colombo con i suoi figli.

Prima dei Colombo, agli inizi dell’Ottocento, la Cascina Gatta era diventata di proprietà della famiglia filo francese degli Oriani (la quale annoverava il sindaco di Turbigo e il prevosto di Castano del tempo) che aveva acquistato, nel 1807, anche il convento degli Agostiniani Scalzi (attuale residenza dei Gualdoni-Vezzani in Via Volta) che, acquisito dallo Stato, dopo le soppressioni giuseppine dei beni della Manomorta, era stato messo in vendita.

Nella parte alta della costa Turbigina, sopra la Cascina Gatta, c’era una fitta pineta e lì si svolse un conflitto a fuoco tra Francesi e Austriaci, durante quello che è passato alla storia come Le combat de Turbigo del 3 giugno 1859. Qui, un cacciatore tirolese, sparò una fucilata alle spalle al capitano Vaneechout. Trasportato in paese, morì nella notte successiva confortato da don Pietro Bossi, parroco di Turbigo. Nel punto in cui il giovane capitano fu colpito a morte per l’indipendenza italiana, anziché porre una targa nel famedio milanese fu realizzata una cartolina e posizionato un cippo che mani ignote hanno predato e non sarà certo la nostra preghiera a far sì che la lapide venga restituita al Comune che potrebbe conservarla in luogo adatto, così come cura la tomba del capitano al cimitero.

Infine, la presenza religiosa alla Cascina Gatta è rappresentata dall’altare a San Vincenzo Ferreri, compatrono di Turbigo, che viene omaggiato ogni anno durante la processione delle campagne che si svolge ai primi di maggio.