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Gabbone (del)
Collega la Via Villoresi alla campagna e fu denominata dal Consiglio Comunale con delibera n. 120 del 28 settembre 1971. Come risulta dalla cartolina d’epoca che pubblichiamo, la denominazione della Via rimanda ai ‘Tre gabboni’ dove fu ferito a morte il capitano francese Ernest Vaneechout durante il cosiddetto ‘Combat de Turbigo’, avvenuto in territorio turbighese tra austriaci e franco-piemontesi il 3 giugno 1859, preludio della famosa ‘Battaglia di Magenta’ che ha portato alla vittoria nella seconda guerra d’indipendenza italiana, dopo la quale fu possibile annettere al Piemonte l’intera Lombardia.
I ‘Tre gabboni’ evidenti nella cartolina d’epoca, sono il frutto del sostantivo ‘gabbare’, ossia potare i rami al fine di regolare la produzione dei frutti delle ‘gabbe’ (ossia gelsi, nome comune di una pianta molto diffusa nel nostro territorio fino alla fine dell’Ottocento). Le foglie di gelso venivano utilizzate per cibare i bachi da seta, il cui prodotto consentiva un reddito complementare alle famiglie dei poveri contadini turbighesi. Oltretutto castigati a vivere sulla sponda ‘magra’ del Ticino… il cui terreno pieno di sassi produceva ben poco, per cui qualcuno ha scritto che l’industrializzazione avvenne qui proprio per tale motivo.
Dicevamo quindi dei ‘tre gabboni’, che individuavano un punto preciso della Via sita lungo la Costa Turbigina a proseguimento della Via Giuseppe Villoresi. I tre gelsi si trovavano là, dove la strada bianca, curvando a sinistra e poi a destra, arrivava a settentrione della Cascina Gatta, sui dossi terrazzati della quale esisteva – fino agli anni Sessanta del secolo scorso – una pineta di pini silvestri. La lapide che ricordava il capitano Vaneechout – morto durante gli scontri del 3 giugno 1859 e sepolto nel cimitero turbighese – era infissa nella terra al limite sud-est della recinzione dell’ex conceria Paratico-Garavaglia, come mostra la cartolina d’epoca.
Al tempo il luogo era favorevole ad un’imboscata, come risulta ancora dalla presenza di una forra che costrinse la cavalleria francese a sottoporsi al tiro di fila degli austriaci, appostati nella pineta e su una torre colà esistente. In questa vicenda vale la testimonianza (riportata da Angelo Vittorio Mira Bonomi in uno scritto pubblicato da Ticino mese) di Ugo Colombo, figlio di Attilio e nipote di Luigi, che vide a sette anni, da una finestra della cascina Gatta, un episodio della battaglia e fu ‘sculacciato’ dal bisnonno Giovanni Maria per la sua curiosità che l’aveva esposto al pericolo di qualche proiettile vagante.
FOTO - Cippo-croce dove fu mortalmente ferito il 37enne Capitaine au Regiment Premier des Tirailleusrs Algeriens, officier de la Legion d’Honneur, Ernest Charles Vaneechout. E’ sepolto nel cimitero di Turbigo, primo campo, in tomba di proprietà comunale, restaurata nel 1959. Gli altri soldati morti, di entrambe le parti, furono inumati in una fossa comune che – si dice – fu rinvenuta durante gli scavi per le fondazioni dei condomini all’Arbusta negli anni Sessanta del secolo scorso.
La cartolina d'epoca qui pubblicata, di cui l'originale è in possesso del signor Belluco di Castano, porta le seguenti parole: “Luogo ove cadde il capitano Vaneechout, martire della indipendenza italiana – + 3 giugno 1859”. E’ l’unico documento rimasto in quanto il cippo è stato trafugato e riposa in qualche abitazione turbighese. Anche la richiesta fatta alla Snam - intenta a a posare una nuova tubazione gas che attraversava la costa Turbigina nel 2017 - per il posizionamento di un cippo ex-novo non ha ricevuto la necessaria benevolenza
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