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Scaldasole (Via e Villa)

Scaldasole (Via e Villa)


Da Via Lonate a Via Molinara fu denominata con delibera n. 26 del Consiglio Comunale del 9 marzo 1965. Il territorio comprendente ‘Scaldasole’ è sempre appartenuto a Castano Primo, ma nel 1956, l’iniziativa del sindaco Bianchini fu tale che le località, ‘Ticinera’, ‘Bellaria e ‘Scaldasole’ (per un totale di 53 ettari) diventassero parte del territorio turbighese.

Nell’Archivio Parrocchiale di Castano c’è un documento che enumera le cascine esistenti nel 1855. In tale elenco non c’è lo ‘Scaldasole’ che invece compare in un elenco successivo del 1873. Ragion per cui presumiamo che fu realizzata ai tempi dell’Unità d’Italia.

UN PUNTO STRATEGICO. L’importanza della Cascina (ma più in genrale del locus) va vista unitamente al Castello dei Torriani (XIII sec.) e alla cascina Ronco (Bruciata), tenendo presente l’importanza che avevano i fiumi. La cascina Scaldasole, come il Castello e la cascina Ronco appaiono collocati in punti strategici: il Castello a guardia della strada che conduceva al Porto di Turbigo sul Ticino; le cascine Scaldasole e Ronco controllavano l’antica strada molinara che collegava l’Olona al Ticino. L’Olona, ossia l’antico fiume Vepro, conosceva periodi di siccità per cui la gente del Legnanese arrivava al Ticino a macinare il grano. Al ponte di Castano ci sono ancora oggi due mulini (il più antico - putroppo abbandonato al degrado - è già citato nel 1111).

L’ATTUALE SCALDASOLE - Ricostruita e riadattata dall’Acerbi da un antico maniero, all’inizio del XXI secolo, all’interno dell’iniziativa regionale, ‘Riscopriamo il Naviglio’ (che metteva a disposizione dei fondi per il pubblico e il privato) l’Amministrazione turbighese aveva presentato alcuni progetti (Villa Tatti, Das-Enel, palazzo De Cristoforis), ma anche due privati avevano fatto altrettanto. Quello riguardante la villa Scaldasole (250 milioni di vecchie lire, circa il 30% del totale) di Gianandrea Dell’Acqua andò in porto e i lavori di ristrutturazione e consolidamento degli edifici furono realizzati. Nel corpo sud furono realzzzati cinque bilocali su progetto dell’architetto Emanuele Cigliola e realizzazione dell’impresa Ponciroli di Bernte Ticino. Il corpo principale della villa - in stile Direttorio - della superficie di 450 mq, con stanze che misurano sei per quattro metri fu rimesso in sesto.

TESI DI LAUREA - “Il progetto di conservazione e riuso della villa Scaldasole, è il titolo della tesi di laurea, a.a. 2006/7, dell’architetto Andrea Perino, il quale ha scandagliato a fondo la storia di questa villa fino ad arrivare alle radici. E’ da questo lavoro di ricerca storica che siamo venuti a sapere che da un documento del 1757 la proprietà faceva capo ai marchesi Federico e Ambrogio Fagnani (feudatari di Robecchetto), a seguito della volontà testamentaria del loro padre, Giacomo, morto due anni prima. Successivamente, l’8 giugno 1827, un atto notarile si registra il passaggo di proprietà dai Fagnani ai Rebaudengo e, il 14 agosto 1833, il successiva passaggio di proprietà al ragionier Pompeo Acerbi “del vivente Antonio” (storico locale appartenente alla famiglia del medico del Manzoni citato ne ‘I Promessi Sposi’). Sarà Pompeo a costruire la villa di campagna per i suoi incontri amorosi, ma poi trovandosi in difficoltà economiche, fu costretto a lasciare incompleta una parte, nel senso che non furono completate le ‘volte’ presenti solo in parte nell’edificio. In seguito la cedette a vitalizio alle Assicurazioni Generali di Venezia. Nel 1897 la cascina passò agli Schieppati di Castano e, nel 1910, al signor Bellinzaghi, dal quale - nel 1925 - l’acquistò il podestà Rusconi. Alla sua morte fu acquistata dai Dell’Acqua (1947), famiglia che ne ha curato il recupero e la ristrutturazione una decina di anni fa.

IL TOPONIMO - ‘Scaldasole’ è un toponimo di origine longobarda, diffuso in tante altre località e quasi sempre adiacente a luoghi ‘turriti’. Lo ‘sculdascio’ - dal quale deriva ‘Scaldasole’ - era l’ufficiale longobardo posto a capo di una circoscrizione territoriale; nel nostro caso quella tra il Ticino e l’Olona. La presenza longobarda nel territorio è documentata dai ritrovamenti archeologici, dall’esistenza della località ‘Gaggio’ in territorio turbighese dove sono state rinvenute delle fibbie, ma innanzitutto da quelli di Santa Maria in Binda, scoperti duranti gli scavi del canale industriale agli inizi del Novecento.